Descrizione 1
Fiorenzo Fumanti, Marco Di Leginio
Le attività di estrazione di risorse minerarie da cava (come intese dalla normativa vigente) rappresentano un importante settore economico ma anche una fonte di problematiche ambientali che vanno dal consumo di risorse non rinnovabili del sottosuolo e del suolo, al potenziale inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, all'impatto negativo sul paesaggio, sulla biodiversità e, in alcuni casi, sulla salute umana. D'altra parte le cave rappresentano il luogo d'origine dei materiali che caratterizzano le città ed i borghi artistici del nostro paese. La crisi economica che ha investito pesantemente il settore a partire dal 2007 ha provocato una drastica riduzione delle attività di estrazione, con un tasso di decrescita in rallentamento negli ultimi anni. Nel 2017, su quasi 4.500 cave con autorizzazione in vigore circa il 60% risulta in esercizio.
Le attività di estrazione di minerali di seconda categoria (cave) elencate nel Regio Decreto n.1443 del 29/07/1927 (torba, materiali per costruzioni edilizie, stradali e idrauliche, terre coloranti, farine fossili, quarzo e sabbie silicee, pietre molari, pietre coti, altri materiali industrialmente utilizzabili, non compresi nella prima categoria) rappresentano un importante settore dell'economia nazionale ma al tempo stesso una forte causa di degrado ambientale, sia per quanto riguarda le operazioni di estrazione sia per le problematiche relative alla destinazione d'uso delle cave dismesse. L'indicatore quantifica le cave attive sul territorio nazionale, le tipologie di materiale estratto, suddivise secondo un criterio litologico, e i relativi quantitativi. Tali informazioni sono estratte dal GeoDataBase GeMMA (Geologico, Minerario, Museale, Ambientale). L’indicatore fornisce informazioni sul consumo di risorse non rinnovabili e, indirettamente, anche sulla perdita di suolo, sulle modificazioni indotte nel paesaggio e sulle possibili alterazioni idrogeologiche e idrografiche (interferenze con falde acquifere e con gli ambiti di ricarica di pozzi e sorgenti). Altri possibili impatti connessi all'attività possono manifestarsi con fenomeni di dissesto legati a profonde modificazioni geomorfologiche dovute a scavi e sbancamenti, che possono comportare fenomeni erosivi e movimenti franosi dei fronti e dei versanti interessati dall'attività di cava. L'attività estrattiva, anche quando regolamentata, genera inoltre altri fenomeni di degrado ambientale legati alla gestione dei rifiuti, alla rumorosità, alla produzione di polveri e al potenziale peggioramento della qualità dell'aria e delle acque. L’attività di cava deve essere pertanto orientata verso la gestione sostenibile. Le cave hanno inoltre rappresentato, fin dai primordi dell'umanità, il luogo di origine dei materiali utilizzati per la costruzione dei nuclei urbani e delle loro bellezze artistiche e architettoniche. In questo senso le cave di interesse storico dovrebbero essere conservate e valorizzate.
Quantificare gli insediamenti estrattivi di minerali di seconda categoria (cave) in attività, a elevato impatto ambientale e paesaggistico, e le relative tipologie e quantitativi di materiale estratto.
A livello nazionale la materia relativa a cave e miniere è regolata dal tuttora vigente Regio Decreto n. 1443 del 1927. Con i DPR 2/1972 e 616/1977 le competenze relative alla gestione di cave e torbiere sono state trasferite alle Regioni. Sia pur in tempi diversi (tra il 1978 e il 2009) tutte le Regioni hanno legiferato in materia demandando la pianificazione dell'attività estrattiva di cava alla Regione stessa e/o alla Provincia mediante la redazione di Piani (regionali o provinciali) dell'attività estrattiva (PRAE o PPAE). Tali piani, ancora non approvati in alcune Regioni meridionali, oltre a censire le cave in esercizio o dismesse, contengono prescrizioni circa l'individuazione e la delimitazione delle aree (ambiti territoriali interessati da vincoli, anche in forza delle leggi 1497/39, 431/85 e 221/90), i fabbisogni, le modalità di coltivazione, i tempi di escavazione e i piani di recupero della cava. Le altre norme di carattere nazionale riguardano la salute e sicurezza dei lavoratori delle attività estrattive (D.Lgs. 624/1996) e la gestione dei rifiuti di estrazione regolamentata dal D.Lgs. 117/08 di recepimento della Direttiva 2006/21/CE. Il DPR 12 Aprile 1996, prevede (All. A) che siano sottoposte a VIA le cave e le torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o con un'area interessata superiore a 20 ha. La Direttiva 2008/98/CE stabilisce di pervenire entro il 2020, ad una percentuale di riutilizzo di almeno il 70% dei rifiuti inerti prodotti da costruzioni e demolizioni. Le politiche di recupero e riciclo dei materiali di costruzione e delle risorse minerarie in generale rappresentano uno degli elementi cardine delle iniziative europee in materia (Raw Materials Initiative), in linea con i principi del VII programma di azione ambientale.
L'indicatore non ha obiettivi fissati dalla normativa da misurare.
Descrizione 2
Istat (2017). Le attività estrattive da cave e miniere. Statistiche report 19 aprile 2017.
Istat (2019). Le attività estrattive da cave e miniere. Statistiche report 15 dicembre 2019.
ARPAT (2010). Suolo, sottosuolo e risorsa idrica nella valutazione ambientale dell’attività estrattiva. Firenze, 119pp.
M. Cenci (2017). Un approccio open-source per l’individuazione delle cave dismesse: l’esperienza della Regione Umbria ed i risultati ottenuti. Convegno Istat “Le attività estrattive e l’ambiente”, Roma 20 giugno 2017. https://www.slideshare.net/slideistat
Piani cave regionali e provinciali
La mancanza di una legislazione nazionale di riferimento ha determinato la realizzazione di piani regionali/provinciali in tempi diversi e non armonizzati tra loro; è importante ricordare che non tutte le regioni si sono dotate di un piano regionale di disciplina per le attività estrattive. Le tipologie di materiale estratto sono spesso classificate in modi differenti così come sono differenti gli anni di riferimento. Non tutte le regioni forniscono informazioni aggiornate a intervalli regolari di tempo. Il numero di cave autorizzate non corrisponde con quelle realmente in esercizio poiché, in dipendenza delle condizioni di mercato, si verificano interruzioni anche annuali/pluriennali nella produzione. Quest'ultimo dato, calcolato in tonnellate o metri cubi, deriva dalla sommatoria delle produzioni comunicate agli enti preposti (comuni, provincie, regioni a seconda della legge Regionale) dai gestori delle singole attività estrattive. Tali gestori non sempre ottemperano all'obbligo di comunicazione dei dati relativi alla statistica mineraria e non in tutte le regioni viene svolta una capillare azione di controllo. Nonostante l'attività di omogeneizzazione svolta da Istat e da ISPRA permangono diverse situazioni controverse.
Sarebbe auspicabile l'adozione di uno strumento legislativo nazionale atto a fissare dei riferimenti programmatici e a limitare le differenze esistenti (es. modalità di concessione delle autorizzazioni, controlli ecc..) tra le varie normative regionali/provinciali, il ché permetterebbe di migliorare l’indicatore proposto.
Qualificazione dati
Regioni/PA: dati da database regionali sulle attività estrattive
ISPRA: Ricognizione dei siti in lavorazione tramite Analisi multitemporale di immagini satellitari, per le regioni che non hanno fornito il dato
I dati di fonte ISTAT sulla produzione di minerali di seconda categoria, provengono dalla rilevazione "Pressione antropica e rischi naturali".
Nazionale
2013-2017
Qualificazione indicatore
L’indicatore si limita a contare le informazioni disponibili, più significative in materia di cave. Tutte le informazioni sono state georeferite tramite analisi di immagini satellitari multi temporali e di foto interpretazione.
Sul territorio nazionale risultano attive circa 4.500 cave, diffuse in tutte le regioni e in circa un quarto dei comuni italiani (Tabella 1 e Figura 1). A causa della crisi del settore, quelle realmente in produzione nel 2017 sono circa il 60%. I dati provenienti dalle regioni che dispongono di un efficace sistema di monitoraggio permettono di delineare un trend della produzione adattabile all'intero territorio nazionale, caratterizzato da una forte contrazione della produzione a partire dal 2007-2008 (vedere precedenti edizioni dell’Annuario) e un perdurante decremento sia pure con tassi decisamente inferiori. La tendenza al decremento può essere localmente invertita da cause naturali o antropiche, determinanti un maggior fabbisogno temporaneo dei materiali di cava. Se la diminuzione delle attività ha un effetto positivo in termini di salvaguardia delle risorse, dell’ambiente e del territorio può comunque generare ripercussioni negative sulla condizioni sociali ed economiche della popolazione, in particolare nei grandi distretti estrattivi. Le azioni normative intraprese a livello regionale sono finalizzate a mitigare l'impatto ambientale degli insediamenti estrattivi, a razionalizzarne l'attività e a intraprendere azioni di recupero delle cave dismesse. La situazione è però disomogenea a livello nazionale e alcune regioni non si sono ancora dotate degli appositi strumenti pianificatori. Allo stato attuale ancora non è possibile fornire un dato certo relativo alla situazione ambientale delle cave dismesse.
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Dati
Tabella 1 : Numero di cave attive (autorizzate) e produttive per tipologia di materiale estratto (2017)
Elaborazione ISPRA su dati ISPRA, Regioni/PA (GeoDB GeMMA)
A=Cava Attiva (con autorizzazione in vigore), comprende anche le cave sospese e quelle mai attivate; P=Cava Produttiva (con estrazione di materiali nell'anno di riferimento);
a) Stato di attività, al 2017, desunto da ISPRA tramite analisi di immagini satellitari integrate con la cartografia geologica; b) Cave autorizzate nel 2014; c) Dati 2016; d) Stato di attività al 2016; e) La Regione Calabria ha in corso un nuovo censimento delle attività di cava. Il dato totale delle cave autorizzate è relativo al 2014, la relativa suddivisione per materiale sarà aggiornato al termine della ricognizione regionale. f) Quando non diversamente specificato il dato si riferisce al 2017.
Tabella 2 - Produzione di minerali di seconda categoria per regione
ISTAT
a) Dato provvisorio o stimato, per alcuni o tutti gli anni considerati
Il grado di completezza del dato di produzione, fornito alle regioni dagli esercenti, è generalmente elevato ma variabile tra le regioni. Alcune variazioni possono essere legate al miglioramento dell'accuratezza del dato più che ad una reale variazione di produzione. Il dato totale potrebbe essere sottostimato
Tabella 3: Cave cessate per regione/provincia autonoma
Elaborazione ISPRA su dati Uffici Attività Estrattive, PRAE, WebGis e Opendata regionali
aSe non diversamente specificato si intende l'anno di esecuzione del censimento delle attività dismesse bIl dato non tiene conto delle cave di ghiaia e sabbia poiché ritenute tutte recuperate cIl dato tiene conto di censimenti effettuati dalle Province, usando ogni tipo di fonte disponibile. Non sono stati conteggiati i siti che, nel db regionale, risultano totalmente destinati ad altro uso. dCave dismesse potenzialmente ampliabili e Solo cave che necessitano di interventi di recupero ambientale fNella relazione PRAE sono citate anche 2732 cave storiche, molte delle quali coperte dall'espansione urbana o rinaturalizzate. gIl dato, da PRAE, comprende anche 180 cave abusive hCave che hanno ultimato la loro attività di coltivazione prima dell'entrata in vigore della LR 37/85 che sancisce l'obbligo del ripristino. Diverse di queste sono ritenute da recuperare iStima ISPRA
Figura 1: Cave autorizzate suddivise per tipologia di materiale estratto (2017)
ISPRA, Regioni, Provincie Autonome
Per Abruzzo e Molise il dato si riferisce al 2014, per Toscana e Puglia al 2016. Il dato della Calabria si riferisce alla cave con evidenza di lavorazione, desunta da analisi satellitari. Per evidenze di lavorazione si intendono variazioni di fronti di scavo, dei cumuli e di movimenti di mezzi meccanici, individuabili tramite fotointerpretazione multitemporale di immagini ad alta risoluzione con una effettiva escavazione (es. operazioni di ripristino, mobilizzazione di materiali già stoccati).
I dati sono desunti dai documenti trasmessi a ISPRA dalle regioni e provincie autonome. Tali dati evidenziano le diverse modalità di raccolta e gestione delle informazioni a livello regionale con notevoli differenze che hanno richiesto un lungo lavoro di revisione e uniformazione. Per alcune regioni lo stato di attività è stato desunto da ISPRA tramite l'analisi di immagini satellitari multitemporali ad alta definizione, che ha permesso di definire anche l'evoluzione temporale delle fasi di escavazione. Le cave in effettiva lavorazione sono state identificate sulla base delle variazioni interannuali occorse al sito (ampliamenti dei fronti di scavo, movimentazione mezzi meccanici, variazioni cumoli ecc.). In alcuni casi tali variazioni potrebbero non corrispondere a un'effettiva produzione ma ad azioni di ripristino dei luoghi o a movimentazione di materiale stoccato.
In Tabella 1 viene riportato il numero per regione delle cave attive, cioè con autorizzazione in vigore, suddivise secondo un criterio litologico. Il controllo delle informazioni con la cartografia geologica ha consentito di ricondurre alla corretta litologia i materiali classificati con criterio merceologico come Marmi (ogni roccia lucidabile, es. Portoro, Botticino, Custonaci) o Pietre (di norma non lucidabili) oppure indicati con termini generici (Pietrame) o con nomi locali (es. Beola, Serizzo, Verdello). I materiali definiti come Detriti e provenienti da conoidi alluvionali o falde detritiche sono stati inseriti nelle categoria Sabbie e Ghiaie. Pur essendo numericamente poco rilevanti le cave di Torba sono state inserite in una apposita categoria a causa dell'elevato impatto ambientale derivante dalla loro estrazione, in termini di rilascio di carbonio.
Delle 4.431 cave in attività, il 67% riguarda l’estrazione di “sabbie, ghiaie e detriti” (1.321 siti) e “Calcari, marne e gessi” (1.646). Le cave di Sabbia e ghiaia sono diffuse nell’intero territorio nazionale, lungo le valli e nelle pianure con una ovvia concentrazione nell’area padana. A livello nazionale sono i calcari a essere la litologia più sfruttata in particolare in Puglia, nel tratto centro appenninico, nella Sicilia occidentale, nel bresciano, in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia. Si consideri che la maggior parte dei calcari estratti viene frantumata per la produzione di aggregati. Nella categoria sono inclusi i Travertini, intensamente estratti nel distretto di Guidonia-Tivoli (RM), nel senese (Rapolano Terme) e nel piceno (Acquasanta terme).
Meno diffuso, ma concentrato in specifiche aree geografiche, lo sfruttamento di "Rocce ignee" intrusive ed effusive (graniti, basalti, porfidi, tufi ecc.), di "Rocce metamorfiche" (marmi, serpentiniti, ardesie, quarziti, ecc.) e di "Arenarie".
Lo sfruttamento delle rocce ignee effusive è particolarmente sviluppato nelle aree vulcaniche attuali siciliane e campane, in quelle pleistoceniche del Lazio (Tufi, Lave basaltiche, Pozzolane) e in quelle permiane del Trentino-Alto Adige (Porfido).
Le rocce ignee intrusive caratterizzano soprattutto l’attività di cava in Sardegna (Graniti). Le rocce metamorfiche sono invece intensamente sfruttate nell’arco alpino, soprattutto in Piemonte (Gneiss), nelle Alpi Apuane (Marmi) e in Liguria (Ardesie).
Le cave attive sono distribuite sull’intero territorio nazionale ma con una maggior concentrazione in sette regioni (Sicilia, Veneto, Lombardia, Puglia, Lazio, Toscana e Piemonte) nelle quali sono localizzate più del 60% dei siti attivi. L’effettiva produzione di materiale è fortemente variabile a seconda delle condizioni di mercato, anche locali, e il numero dei siti realmente produttivi non segue lo stesso andamento di quelli attivi. A livello nazionale il 59% dei siti attivi risulta in esercizio nel 2017 (Tabella 10.5). Valori inferiori al 40% nel rapporto attive/produttive si registrano per Marche, Puglia e Veneto mentre superano l’80% Lombardia, Bolzano, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata. Per quanto riguarda i litotipi estratti tale rapporto supera il supera il 70% per le rocce metamorfiche, soprattutto per il contributo del marmo di Carrara che, grazie anche alle commesse estere, risente meno della crisi settoriale.
Il dato di produzione (Tabella 2) raccolto da ISTAT deriva dalla sommatoria dei dati forniti agli enti preposti (comuni, provincie, regioni a seconda di quanto disposto dalle Leggi Regionali) dai gestori delle singole attività, generalmente tramite perizia giurata. Il grado di completezza dell'informazione è pertanto variabile tra le regioni e, poiché solo alcune dispongono di un capillare sistema di controllo, il dato totale potrebbe essere sottostimato.
I dati provenienti da alcune regioni che dispongono di un efficace sistema di monitoraggio (Figura 4) evidenziano il crollo della produzione a partire dal 2007, con un rallentamento negli ultimi anni. Tale tendenza può essere interrotta da cause locali richiedenti temporanei fabbisogni di materiali da cava (nuove infrastrutture, terremoti ecc.), ad esempio in Puglia l’incremento temporaneo nel 2010 è stato legato a una maggiore richiesta da parte di ILVA; o nelle Marche dal raddoppio dell’autostrada, solo per citare due esempi di cause locali.
Nel caso dei grandi distretti estrattivi la situazione territoriale/ambientale (es. Carrara (MS – Marmo), Custonaci (TP-Calcare), Botticino-Nuvolera (BSCalcare), Coreno Ausonio (FR-Calcare), Sant’Anna di Alfaedo (VR-Calcare), Guidonia-Tivoli (RM – Travertino)) deve tenere conto oltre che delle cave in esercizio e di quelle non produttive anche delle molte attività recentemente sospese/dismesse/ fallite che, in molti casi, mancano ancora di un effettivo recupero. Il dato relativo alle attività cessate a livello nazionale (Tabella 3) è molto importante ma particolarmente complicato da analizzare.
In attesa di uno specifico censimento nazionale viene riproposto, con qualche aggiornamento, quanto precedentemente pubblicato la cui qualità dell’informazione risente però delle differenti modalità di raccolta del dato a livello territoriale.
Più che il dato finale di quasi 14.000 cave cessate sarebbe estremamente utile distinguere quante di queste necessitano realmente di un intervento di recupero. Ad esempio, un’analisi di questo tipo, svolto dai relativi uffici regionali, ha portato a individuare 75 cave da ripristinare su 392 cessate in Umbria e 550 su 1.128 nelle Marche (Cenci, 2017).