AFFINITA' TERMICA MEDIA DELLE CATTURE DELLA PESCA COMMERCIALE
Data aggiornamento scheda:Il riscaldamento degli oceani sta determinando uno spostamento geografico e batimetrico delle specie marine più sensibili alla temperatura. Nelle zone temperate, come il Mediterraneo, questo fenomeno si traduce in un’espansione verso Nord delle specie ad affinità calda. Cambia quindi la composizione delle comunità marine e, di conseguenza, delle catture della pesca. Questo fenomeno è descritto da un indicatore noto nella letteratura scientifica come “Mean Temperature of the Catch (MTC)”, che rappresenta l’affinità termica media delle catture della pesca commerciale. Nel Mar Adriatico (Divisione FAO 37.2.1), l’affinità termica media delle catture delle flotte italiane è aumentata da 19,2 °C (media 1987-1996) a 20,1 °C (media 2012-2021), con una crescita annua significativa di 0,03 °C (Mann-Kendall test); nel Mar Ionio – Mediterraneo centrale (Divisione FAO 37.2.2) è aumentata da 20,3 a 22,2 °C, con un aumento annuo significativo di 0,07 °C (Mann-Kendall test); nel Mar di Sardegna – Mediterraneo occidentale (Divisione FAO 37.1.3) da 20,5 a 22,4 °C, con un aumento annuo significativo di 0,07 °C (Mann-Kendall test).
AZIENDE IN ACQUACOLTURA E PRODUZIONI
Data aggiornamento scheda:L’indicatore stima la dimensione dell’acquacoltura nazionale, come numero di impianti attivi e produzioni e i trend di crescita rispetto agli obiettivi programmati nel Piano Strategico Acquacoltura 2014-2020 e il Programma Operativo del Fondo Europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (FEAMP) 2014-2020. Nel 2020 il Veneto si conferma la prima regione in Italia per numero di impianti (26%), mentre l’Emilia-Romagna è la prima regione per volumi di produzione (26%). Cinque regioni (Veneto, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Sardegna) ospitano il 71% degli impianti di acquacoltura. Emilia-Romagna, Veneto e Friuli si confermano i principali poli produttivi e insieme a Marche e Toscana coprono il 69% della produzione Nazionale. Nella maggior parte delle regioni costiere prevale l’utilizzo della risorsa idrica salmastra/salata, con impianti localizzati in ambienti di transizione, costieri e marini. Il 2020 è stato un anno fortemente influenzato dalle conseguenze della pandemia da Covid 19: la produzione italiana d’acquacoltura censita è di 122.760 tonnellate, il 61% sono molluschi, il 39% sono pesci. La crostaceicoltura si conferma un settore minoritario, con una produzione di sole 0,5 tonnellate. Le specie non indigene contribuiscono al 49% della produzione nazionale. In conseguenza del calo della produzione registrato nel 2020, le produzioni d’acquacoltura nel periodo 2013–2020 sono diminuite del 13%, disattendendo le stime di crescita indicate dal MiPAAF.
BILANCIO DI AZOTO E FOSFORO DA IMPIANTI DI ACQUACOLTURA IN AMBIENTE MARINO
Data aggiornamento scheda:L'indicatore fornisce una stima dell'apporto e della sottrazione di azoto e fosforo, operata rispettivamente dai pesci e dai mitili nell'ambiente costiero in cui si svolgono le attività di allevamento. Il bilancio tra l’immissione di nutrienti da parte dei pesci allevati e la sottrazione da parte dei molluschi consente di stimare, a livello regionale, il contributo quantitativo netto dell'acquacoltura nei processi trofici lungo le coste italiane. A livello nazionale, nel 2020, la stima del bilancio di azoto e fosforo derivante dalle attività di allevamento intensivo di specie ittiche e di mitili evidenzia, una riduzione, rispetto al 2019, dell'apporto di tali nutrienti dovuto al decremento della produzione di pesci allevati e una diminuzione della sottrazione di tali nutrienti dovuta al decremento della produzione di mitili allevati. A livello regionale, in Veneto, Emilia-Romagna, Abruzzo, Molise e Marche la sottrazione di azoto e fosforo, operata dai mitili, è maggiore della immissione operata dai pesci.
PIANIFICAZIONE SPAZIO MARITTIMO: ZONE E SITI MARINI PER ACQUACOLTURA
Data aggiornamento scheda:L’indicatore riporta a scala nazionale la superficie e il numero delle attuali concessioni demaniali marittime per uso acquacoltura e delle Zone Allocate per l’Acquacoltura (AZA). Le AZA sono dichiarate dall’autorità competente come “Aree prioritariamente assegnate per l’acquacoltura”, ovvero aree nelle quali non vi sono interferenze con altri utilizzatori e dove le condizioni ambientali sono tali da garantire la sostenibilità delle produzioni e la minimizzazione gli impatti ambientali. La ricerca di nuove zone marine da destinare all’acquacoltura è tra i principali obiettivi degli “Orientamenti strategici per un'acquacoltura dell'UE più sostenibile e competitiva per il periodo 2021 – 2030 (COM/2021/236), dei Piani Strategici Acquacoltura nazionali 2014-2020 e 2021-2027 e dei rispettivi Programmi Operativi FEAMP e FEAMPA di cui ai Regolamenti 508/2014/UE e 1139/2021/UE. Il processo di identificazione delle AZA è parte del “Quadro per la Pianificazione dello Spazio Marittimo” della Direttiva 2014/89/UE, recepita con D.Lgs. 201/2016, che promuove la crescita sostenibile delle economie marittime con un approccio coordinato, integrato e transfrontaliero nell’ambito dei Piani di Gestione dello spazio marittimo. Lo spazio marittimo sotto la giurisdizione italiana, compreso tra la linea di costa e il limite delle 12 miglia nautiche, è pari a una superficie di circa 14 milioni di ettari. Di questo spazio solo 19.722 ha è occupato da concessioni demaniali per uso acquacoltura, di cui il 93,8% (18.500 ha) per la molluschicoltura e solo il 6,2% (1.222 ha) per la piscicoltura marina. A dicembre 2022, le AZA sono state istituite solo in Toscana, Marche ed Emilia-Romagna, per una estensione complessiva di circa 19.500 ha. All’interno delle AZA ricadono 46 concessioni demaniali per molluschicoltura e 6 per piscicoltura.
STOCK ITTICI IN SOVRASFRUTTAMENTO
Data aggiornamento scheda:Nel periodo considerato (2007-2021) si osserva che la maggioranza degli stock ittici valutati si trova in uno stato di sovrasfruttamento: la mortalità indotta dalla pesca risulta superiore a quella necessaria per conseguire uno sfruttamento sostenibile delle risorse nel lungo periodo in condizioni ambientali medie.
L’indicatore, basato sulle valutazioni analitiche degli stock validate a livello internazionale, mostra la tendenza complessiva dello stato di sfruttamento degli stock ittici oggetto di pesca commerciale al fine di evidenziare lo stato delle risorse oggetto di prelievo. L’indicatore è associato alla valutazione della copertura percentuale degli sbarcati per i quali sono disponibili stock assessment. L'analisi è condotta a livello nazionale e di sottoregione secondo la ripartizione geografica indicata dalla Direttiva Quadro Strategia Marina.
TASSO DI SFRUTTAMENTO DA PESCA DELLE RISORSE ITTICHE NAZIONALI
Data aggiornamento scheda:Nel periodo considerato (2007-2021) il tasso medio di sfruttamento degli stock ittici (ovvero la media del rapporto tra mortalità da pesca corrente e la mortalità associata al Massimo Rendimento Sostenibile; Fcurr/FMSY) presenta valori 2 o 3 volte superiori alla soglia di sostenibilità. L’indicatore, stimato sulla base delle valutazioni analitiche degli stock ittici validate a livello internazionale, mostra la tendenza complessiva del tasso di sfruttamento degli stock ittici oggetto di pesca commerciale al fine di evidenziare l’andamento quantitativo complessivo della pressione di pesca. In particolare, si osserva un picco nel tasso medio di sfruttamento negli anni 2012 e 2013 (con valori superiori a 3) cui segue un declino con valori minimi riportati nel 2021 (valore medio 1,43). L'analisi è condotta a livello nazionale e di sottoregione secondo la ripartizione geografica indicata dalla Direttiva Quadro per la Strategia per l’ambiente marino (MSFD; 2008/56/CE).